venerdì 18 maggio 2012

True Story: El sapo coronado

Scrivo queste righe come espiazione.
Nella flebile speranza che possano dimostrare la sincerità dei miei propositi, e per offrire un'indicazione a tutti coloro che ancora non hanno compreso la verità.
Ma procediamo con ordine.






Tutto è iniziato pochi mesi fa. Ero con alcuni amici alla fine di una di quelle dissolute serate fatte di eccessi e libagioni, con le quali cerchiamo un temporaneo ristoro dalle brutture cui la vita ci sottopone.
All'uscita di uno dei locali in cui ci rifugiavamo alla ricerca di alcool e cibi diversamente salutari, ed in preda agli effluvi così tanto anelati, sprecavamo come di consuetudine il nostro misero tempo vagando per strade ignote.
È stato allora che accadde. Non ricordo bene chi di noi lo notò per primo. Forse io, la cui spiccata sensibilità ha sempre causato qualche difficoltà di troppo ad adattarsi ad un mondo che, invece, richiede notevoli dosi di ignoranza per poter sopravvivere. Forse qualcun altro, non ricordo (ecco: vedete anche voi quali effetti nefasti comporti il perdersi in futili passatempi come l'inebriante liquido alcolico).
Quel che ricordo con assoluta precisione è questa piccola vetrina, dall'apparenza quasi insignificante, e che tuttavia esercitò su tutti noi, all'istante, un fascino magnetico. 
Ma, ingenui, non capimmo. All'inizio tutto ciò che vedemmo furono incomprensibili chincaglierie, oggetti troppo bizzarri e inusuali per non suscitare risa di scherno.

E così fu: passammo interminabili minuti a ridere di quelle stramberie, di quei ninnoli che, per quanto sicuramente preziosi, erano tuttavia così peculiari e (ora ho brividi nello scrivere questa parola) alieni
Con il senno di poi, non posso far torto alle nostre controparti di quei giorni passati, poiché davvero eravamo stolti, e il riso era forse la più comprensibile delle reazioni di fronte a oggetti... no: di fronte ad un evento di tale portata.
L'incoscienza benedetta che ottenebra le nostre menti di fronte all'incommensurabile.

Dopo aver attentamente riflettuto, ho deciso di mostrare anche a voi alcuni degli oggetti di cui parlo.
Lo faccio per un duplice motivo: perché le immagini possono rappresentare una testimonianza forse più valida e concreta delle mie seppur sincere parole. E perché la vista di questi oggetti possa portare altri, come me, sulla giusta via.
Tuttavia m'è d'obbligo avvisarvi: la scarsissima abilità come fotografo del sottoscritto, unita ai danni provocati dall'inebriamento, non rende lontanamente giustizia alla squisita -per quanto insolita- manifattura di questi oggetti. Inoltre, non è stato possibile riportare tutto cià che i nostri increduli occhi hanno rimirato in quella vetrina con il passare delle settimane. Ciò che vedrete è solo, ahimè, una misera frazione dell'oscuro Universo che ci fu svelato.

Ma mi rendo conto di stare indugiando, quindi darò l'onore dell'apertura di questa carrellata, come è giusto che sia, al principale soggetto:

no, non vi sbagliate: ciò che vedete è esattamente ciò che sembra. Un pendente, dall'altezza approssimativa di una dozzina di centimetri. In sbalzo su una pietra rosso sangue (e ora, solo ora mi chiedo: sciocco, come hai potuto non capire? Misero, misero me...) troneggia un rospo in procinto di balzare, dal dorso finemente incastonato con varie pietre preziose.

Forse, dopo un iniziale e comprensibile stupore, ora starete sogghignando. Starete pensando al cattivo gusto di un oggetto del genere, e forse velatamente vi beate dei vostri superiori gusti estetici.
Vi compatisco.

Lasciate che vi mostri ancora, per poi svelare ai vostri occhi la sublima, suprema Verità.

Mirate, dunque, questo oggetto. Sì, miei ingenui lettori: è un anello. Un anello la cui grandezza (sei, o forse sette centimetri di altezza) lo rende evidentemente inadatto a mani umane. E forse, ora, anche voi iniziate a capire. Ma non affrettare le vostre menti, non sforzate troppo la vostra ragione.
Attendete.
Perdetevi, piuttosto, nello screziato colore di un indefinibile blu elettrico della pietra su cui volteggia, all'apparenza immobile, un dorato ippocampo mentre, al di sotto, un'escrescenza carnosa e pulsante si maschera abilmente da corallo.




A voi offro in visione anche questa collana.
Sì, è una collana, in cui purtroppo si nota tutta l'imperizia della mano che riprendeva questa testimonianza, che non ha saputo cogliere gli sfaccettati barlumi scarlatti del contorto metallo rosso brunito che funge da catena e che, evidentemente, è stato progettato per sfregiare irrimediabilmente la pelle del collo che cinge. O, forse, chiunque debba indossare quella collana ha pelle molto più resistente del fragile rivestimento delle umani carni...
Osservate, alfine, anche la pietra pendente. Studiate, per quanto possibile, l'alternanza di colori discordanti, la foggia e persino i particolari delle striature, che la rendono più simile ad un avanzo culinario, deliberatamente lasciato a decomporre e poi cristallizzato, che a un prodotto geologico. Un materiale che, e ora posso finalmente dirlo, non può sicuramente provenire da alcuna cava o vena mineraria della nostra terra.


Prima di proseguire oltre, e per dar mondo alla vostra mente di comprendere pienamente, devo ora fornirvi alcuni ulteriori particolari, che noi abbiamo potuto scoprire con il passare del tempo, mano a mano che le nostre visite a quella vetrina diventavano più frequenti.

Perché il fascino esercitato su di noi da questa fantasmagoria d'oggetti non si dissolse nell'arco di una notte. No: entrò dentro di noi e iniziò a crescere, come una brama, come un oscuro desiderio di tornare e guardare e scoprire ancora. Potevo leggerlo chiaramente negli occhi dei miei compagni di baccanali, e potevo vederlo chiaramente riflesso in ogni specchio su cui si posasse il mio sguardo.
Tornavamo, e tornavamo, ma sempre dopo aver ottenebrato le nostre menti. Come se nel profondo delle nostre anime già sapessimo. E ogni volta, ogni volta, da quella vetrina occhieggiavano nuovi prodigi, come se dinanzi ai nostri sguardi si fosse aperta una finestra su mondi infiniti.

Tuttavia, come è perfettamente logico supporre, indulgere in banchetti e bevute provocava lo scorrere del tempo, e noi ci recavamo di fronte alla vetrina quando la porta del negozio era oramai chiusa, poiché di molto era passato l'orario utile. Per molto tempo abbiamo commentato con amarezza questo increscioso particolare, ma ora so che questo cruccio era vano come il lamentarsi di fronte all'inevitabile. Non eravamo pronti, ancora non eravamo degni.
E ancora: moltissimi di questi oggetti non ci è stato possibile riprenderli sugli schermi dei nostri apparecchi fotografici. Le immagini apparivano sempre sfocate, mosse... poco ce ne curavamo, perché l'abbondanza di fenomeni era tale da rendere queste perdite trascurabili, e perché attribuivamo questi fallimenti alle nostre condizioni non proprio lucide. Quanto ci sbagliavamo...


Iniziai a capire.
La consapevolezza iniziò a farsi finalmente strada, come fuoco che troppo ha covato sotto le ceneri, quando vidi questo:

cos'è, vi chiederete? All'apparenza, per quanto ci sia dato di capire, è un pendente. Ma vi prego di porre attenzione ad alcuni dettagli: la grandezza, in primo luogo. Non è ben comprensibile da questa foto (finirò mai di scusarmi per la mia colpevole mancanza d'abilità?), ma l'oggetto principale, a foggia di zanna, è lungo approssimativamente una quindicina di centimetri. Un vero e proprio corno, insomma, anche se non compresi subito la portata di questa conclusione: quale animale sulla terra, infatti, possiede una zanna o un corno di tale misura e forma? E, soprattutto, perché mai utilizzarlo come monile? Ricorda molto, in effetti, i primordiali paramenti sacri degli antichi culti primigenii, quando esaltati sacerdoti usavano attrezzi simili a questo per sventrare vittime sacrificali e offrire le loro viscere fumanti ai loro iracondi Dei.

D'improvviso, fu come se la la luce rischiarasse un panorama nebbioso. I pezzi iniziarono ad andare al loro posto e tutto iniziò ad acquisire un senso.

Ma mancava un ultimo, decisivo dettaglio.
Nella mia incoscienza, avevo fatto menzione ad un conoscente, esperto esteta, di questa bottega così originale. La sua reazione fu di tale interesse che gli fornii tutte le indicazioni per poter raggiungere il luogo ove poter rimirare tali unici oggetti.
Il giorno successivo, tuttavia, l'amico mi svelò un fatto che mi provocò un profondo sconvolgimento. Aveva seguito per filo e per segno le mie istruzioni eppure, al luogo prefissato, della gioielleria non v'era alcuna traccia.
Non ho ragiore di dubitare della sua parola: so che è in buona fede.
Di più: so che ha assolutamente ragione, perché in quel momento l'epifania si è rivelata completamente al mio essere.

La vetrina, con il suo inesauribile carico di portentosi oggetti, è visibile solo a coloro che, prescelti, si trovano in stato di alterazione della coscienza e delle percezioni.
Inoltre ogni oggetto ivi contenuto, ogni signolo gioiello, è un segnale, un'indicazione mistica. Ognuno è parte di un culto antico oltre ogni dire. Il culto dedicato a El sapo coronado, il sacro Rospo Incoronato che gorgheggia nelle profondità ctoniche accanto a Chtulhu.
Ecco, mirate la sua effige:

 E ancora:

El sapo coronado

il cui dominio ultraterreno, quando i Grandi Antichi si risveglieranno dal sonno cieco e delirante in cui versano, saranno le paludi infinite in cui prosperano antichi spiriti totemici come
Il Gran Gufo:

Dimensione approx: 20 cm
La Stella Marina Arrognata:

Notare la parure con gli orecchini
E la sua progenie:

Danzano. Danzano.
I Sempiterni Crescenti Fungini di Yuggoth:

Veduta d'insieme
Dettaglio: spilla & anello
G'Lin e G'Lan, i Brontolanti Carlini Zoroastriani:

G'Lin
G'Lan
La vetrina altro non è che il primo passo del percorso iniziatico che condurrà i degni al cospetto dei Sacerdoti del Culto, per potersi unire all'adorazione del Sapo Coronado in attesa del suo Gran Gracidìo, che sarà il segnale dell'avvento di Nyarlathotep, il Caos Strisciante, e dell'inizio dell'Era di Azathoth.

Ora che so, mi pento di aver così scelleratamente riso di queste sacre effigi.
Ora che so, mi recherò nuovamente, e per l'ultima volta, in quel mistico luogo, crocevia di mondi.
Ora che so, la Porta si aprirà per me, e potrò cantare coi miei nuovi compagni non umani le lodi del Dio che Gracida dal Nero Pozzo del Cielo.

El sapo coronado.
El sapo coronado.





Croac!

1 commento:

  1. Essendo uno degli scopritori originali di questo angolo di "meraviglie" vorrei esprimere la mia teoria in proposito (forse ispirata da un certo film che il signor Ciotola non faticherà a riconoscere).
    Il negozio in questione è una copertura.
    Un esperimento.
    In realtà gli oggetti in vetrina servono ad attirare i passanti, mentre delle telecamere nascoste ne filmano le reazioni per scopi che solo la più selvaggia immaginazione può provare a intuire.
    Ecco. L'ho detto.

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